Tratto dal libro "Conoscere il segugio maremmano - Guida alle caratteristiche di una razza in rapida diffusione".
Scritto da Sergio Leonardi - Edito da "Il Veliero "
Capitolo 3 - la leggenda
La foto sottostante rappresenta uno dei tanti progenitori dell'attuale segugio Maremmano, dove chiaramente si vedono molte delle linee tracciate dallo standard.
La storia di questo cane, di nome tommi, così come raccontata dall'anziano cacciatore, viene da seguito riportata.
L'inizio risale al secolo scorso quando nel 1945, l'esercito Americano aveva invaso l'Italia con lo sbarco in Sicilia, per combattere il dominio Germanico e liberare la popolazione. La strategia di guerra è, per coloro che l'hanno vissuta, ormai nota; l'aviazione apriva la strada con bombardamenti, a seguito d'indicazioni degli aerei ricognitori, distruggendo basi e siti ritenuti importanti o dove rilevavano presenza del nemico. I ricognitori piccoli aeroplani del tipo "Cicogna" perlustravano il tratto di costa o l'interno, fotografando obiettivi. Questi piccoli aerei per meglio soddisfare i propri scopi, sfruttavano la nitidezza del mattino e all'albeggiare erano già in volo, in Toscana nel Livornese, il sarcasmo, pur nella tragedia, la popolazione aveva battezzato questi aerei "Il lattaiolo" proprio per l'abitudine di passare al levar del sole, così come i lattaioli prima del giorno passavano di casa in casa dai contadini per il ritiro del latte appena munto, destinato poi alla distribuzione, (non esistevano ancora i supermercati.) L'esercito avanzava con aspri combattimenti da terra con l'artiglieria, guidata a sua volta da piccoli gruppi di saldati, con funzioni di " Scout", esploratori. Un gruppo di questi aveva fatto il suo campo nei pressi del fiume Cornia, nei boschi prospicienti Montebamboli, e da qui facevano spostamenti perlustrando le zone limitrofe, a loro si erano uniti alcuni Partigiani del posto Un componente, il gruppo, il sergente maggiore e capo pattuglia di nome Tom Dudley, originario della Virginia, cacciatore di tacchini e cervi, aveva al suo seguito un cane incontrato già da un mese, affiancatosi a lui dopo l'attraversamento del fiume Ombrone. Al momento il sergente voleva allontanare quest'ospite che attirato da qualche sicuro boccone di cibo trovava sempre il modo di ricongiungersi, forse anche cercando del calore umano, poi impietosito dalla dolcezza degli occhi e dal ricordo dei suoi ausiliari lasciati nella lontana America, aveva accettato la presenza.Con il passare dei giorni si era creato tra l'uomo ed il cane dell'affetto. Un giorno durante una ricognizione attraversando un bosco il cane si mise ad abbaiare con ritmo continuo con il muso rivolto ad un folto, i militari prontamente si protesero in difesa pensando al nemico, Tom con fare circospetto e con la cautela dovuta si avvicinò e dal folto con un grugnito e rumore d'arbusti divelti, partì un grosso cinghiale il quale produsse nei militari sorpresa e spavento. L'evento insegnò al gruppo un modo proficuo e divertente di procurarsi del cibo fresco e diverso dal solito ormai divenuto noioso e ripetitivo. Compatibilmente con l'esigenza bellica e soprattutto con l'aiuto del gruppo partigiano s'incentivò questa forma di caccia utilizzando il cane che sapeva ben farsi capire quando in presenza del selvatico. Passarono diversi giorni, l'attività degli scout era ferma, Il sergente aspettava ordini dal comando perché prima di riprendere il loro compito doveva essere "bonificata" un'ulteriore porzione di territorio per portare avanti l'offensiva. L'attesa innervosiva i militari che certi di avere un'ambiente a loro favorevole si dedicarono, mantenendo sempre alta la guardia, alla caccia. In particolare fu attratto il capo pattuglia dei partigiani, Rudi (nome di battaglia) da questa forma di caccia, lui che sin da piccolo con il padre aveva cacciato all'albero secco con i richiami, e al rientro ai tordi, e raramente aveva tirato ad una lepre partita dai piedi, affascinato da questo cane che naso in terra dando voce s'infilava nel fitto del bosco fermandosi ad abbaiare con grinta, e per niente intimorito da un selvatico più grosso di lui cinque volte, permetteva l'abbattimento. A volte il tedio e l'incoscienza della gioventù li portava a compiere azioni di pericolo, nell'eventualità di nemici sbandati che tentavano di ricongiungersi ad i suoi ormai in fuga, ma poi la ragione e il senso del dovere avevano il sopravvento e si ripristinava la disciplina tenendo sempre alta la guardia. Il comando degli alleati che ormai aveva conquistato mezza Italia dopo lo stop forzato e rovinoso di Monte Cassino, impartì l'avanzata al gruppo del sergente maggiore Dudley, con meta Livorno dove i tedeschi avevano fatto resistenza avvalendosi del porto, ma che inesorabilmente i bombardieri avevano annientato distruggendo e radendo al suolo l'intera città Labronica. Il gruppo partigiano aveva passato le consegne ad un altro gruppo di competenza che operava più a nord, ora a Rudi ed i suoi spettava un altro compito, proteggere la val di Cornia dai fascisti che ancora non avevano capito la realtà di quei momenti e pensavano sempre di poter imporsi con le loro"leggi". Per motivi di dovere e consci del pericolo che avrebbero corso nei giorni a venire, Tom chiese a Rudi di legare il cane, perché non andasse dietro loro, come aveva fatto precedentemente, e con il groppo alla gola salutò quegli amici occasionali con i quali aveva condiviso per giorni paure ed emozioni. La storia dell'evento bellico tutti sappiamo come si è conclusa, tragicamente come tutte le guerre, ma con il trionfo dei ben pensanti e con il tempo, il ritorno alla normalità. Fausto Nuccini alias Rudi ha dato sepoltura al cane, poi diventato Tommi in onore all'amico Anglosassone, il 20 luglio del 1955 dopo aver da lui imparato la caccia al cinghiale, condiviso tante esperienze, e con la consolazione di aver portato avanti i suoi figli che una buona parte di loro si rispecchiava in lui.
La foto di tommi e giunta con altre, nel 1963 dalla città di williamsburg Virginia direttamente all'Associazione dei Partigiani e da questi consegnata a "Rudi".
Sergio Leonardi abita a Rosignano Solvay, (Livorno) tecnico industriale, cacciatore con licenze di caccia sin dagli anni '60, cinofilo da sempre, pratica la caccia al cinghiale ed è giudice per cani da seguita su cinghiale della Federazione Italiana della Caccia, Fidasc, Pro-Segugio, iscritto all'albo dei delegati ENCI per le specializzazioni di: Prove per cani da seguita-Prove per cani da ferma.Nella veste di giudice ha giudicato prove di lavoro provinciali, semifinali, e finali nazionali dove ha potuto assimilare tecniche e doti delle varie razze da seguita, specie il segugio maremmano che per tradizione è di casa. Conoscere il Segugio Maremmano, recensito dalle più importanti testate di caccia e tiro, riceve consensi ed interesse nell'ambiente cinofilo e società specializzate. Uscito di stampa in Settembre 2007, edito dal Veliero" La Caccia al Cinghiale". Presentato a Brescia in anteprima alla fiera di Gussago, sta avendo consensi poiché il primo libro, che vuol essere anche un manuale, per chi si avvicina a questa Razza. Per eventuali informazioni, scambio di opinioni, confronti, poni il tuo quesito, clicca su "L'Esperto risponde".
Sergio Leonardi 338-7180286 il sito www.maremmanoesegugi.it